Solvitur ambulanda
N.B.: Il presente blog non costituisce testata giornalistica, né ha carattere periodico, essendo aggiornato in base a come pare a me. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001.

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domenica 26 dicembre 2010

Mare nordico


"Il tempo in cui dimora anche chi non ha casa" diventa per il viaggiatore, che non ne ha dietro a sé nessuna, un palazzo. [...] Gabbiani e città, fiori, mobili e statue campeggiavano sulle loro pareti, e dalle loro finestre entrava luce giorno e notte.

[...] la città è nordica. Ovunque travi e scricchiolii. Tutto qui è netto: il legno è legno, l'ottone è ottone, il mattone è mattone. La pulizia riconduce le cose a sé stesse, le rende sin nel midollo identiche a sé. Così esse acquistano proprietà, non hanno bisogno di null'altro al di fuori. Come gli abitanti di sperduti villaggi montani possono stringere tra loro legami di parentela tali da produrre morte o degenerazione, così le case si sono strette in infausti connubi di scale e spigoli. [...] e il giardino, che certe case borghesi hanno sul davanti, è coltivato così fitto che a nessuno viene l'estro di intrattenervisi. Forse è per questo che qui le ragazze hanno un modo di starsene sulla soglia di casa, di appoggiarsi all'arco della porta, che nel sud è pressoché sconosciuto.

[...] Mentre gli alberi qui si fanno schivi e si riparano dietro a recinti, i fiori invece mostrano una tempra insospettata. Non hanno certamente colori più vivi che nelle zone di clima temperato, anzi piuttosto più pallidi. E però quanto più prepotente spicca il loro colore di contro alle cose intorno! Quelli piccoli, viole del pensiero e resede, sono più selvatici, quelli più grandi, e soprattutto le rose, più importanti. [...] Quando il sole riesce a farsi strada, ogni intimità svanisce. Non si può certamente dire del sole [...] che sia benevolo. Ché esso sfrutta i pochi momenti senza nubi, in cui trionfa il suo dominio, in modo dispotico. [...] E quando il sole arriva, esso soggioga ogni cosa, la strappa, quale sua proprietà, alla notte, chiama all'appello nei giardini i colori; turchino, vermiglio e giallo, la smagliante guardia dei fiori, che nessuna cima ripara con la sua ombra.

[...] un genio architettonico ha presieduto alla fattura delle suppellettili domestiche: armadi, tavoli e letti, fino al più piccolo scanno. E tutte hanno un che di impervio; in esse abita ancora oggi un genius loci: il proprietario a cui esse secoli addietro realmente appartennero.

Le strade [...] sono deserte. E i rouleau dietro le finestre sono abbassati. Dormono gli abitanti? E' mezzanotte passata; da una casa vengono voci, da un'altra rumori di un pasto. E ogni suono che si spande nella strada tramuta questa notte in un giorno non segnato nel calendario. Qui si è arrivati nell'officina del Tempo e si può gettare lo sguardo su quella riserva di giorni non ancora consumati, di cui la terra da millenni si è fatta una provvista su questi ghiacci. L'uomo vive le sue ventiquattr'ore ogni giorno, questa terra solo ogni sei mesi. Perciò le cose sono rimaste così intatte. Non il tempo, non l'uomo hanno contaminato gli arbusti nel giardino senza fiato di vento e le barche sull'acqua immota. Due crepuscoli si incrociano sopra di loro, se ne spartiscono il possesso al pari di quello delle nubi, e ti congedano a mani vuote.




I passi sono tratti da "Mare nordico" di Walter Benjamin, capitolo tratto dal libro "Immagini di città". Le foto ritraggono la costa, il mare e il centro storico della città di Tallinn, in Estonia.

sabato 11 dicembre 2010

Benvenuti nel paese di Tolintalsac


Bologna è una città metropoli di provincia già da un pezzo al di fuori dei cliché buoni della gente. Ha dimostrato e sta dimostrando di essere una città politicamente e culturalmente in caduta libera. Primo, perché non è più in grado di esprimere un sindaco che sia degno di questo nome (e il commissariamento lo sta appunto dimostrando); secondo perché è ormai finito da almeno un ventennio quel fecondo periodo del fare che, a partire dal secondo dopoguerra in poi, aveva creato una municipalità riformista che aveva messo Bologna ai primi posti per innovazione e qualità della vita; terzo perché già da lungo tempo Bologna vive immeritatamente di rendita del suo retaggio di cultura, di immagine di "città dotta" grazie alla presenza dell'università più antica del mondo, ormai non più in grado di creare, di produrre innovazione. Questo nonostante nel 2000 sia stata capitale europea della cultura e sia stata nominata dall'UNESCO città della musica.

Con il finire del 2010 il Teatro Duse, il più prestigioso teatro cittadino unitamente al Teatro Comunale, metterà in scena il suo ultimo spettacolo, dopodiché chiuderà i battenti, rendendo questa città ulteriormente più povera dal punto di vista culturale. Il Duse, il teatro dei bolognesi, è stato colpito dalla sciagurata politica di destra di tagli dei fondi agli enti culturali, ed è costretto a soccombere, anche perché non si è riusciti a trovare nessuna personalità, nessun modo per salvarlo.

Viviamo ormai da più di un ventennio in un clima di beata rassegnazione, di disinteresse, di mancato esercizio del muscolo cerebrale. Sono tempi stanchi, in cui non si riesce ad intravedere il benché minimo spettro di una svolta, di un cambiamento positivo. La gente magari in cuor suo un cambiamento lo auspica pure, ma poi manca la forza di volontà di credere che un cambiamento è possibile attuarlo, se necessario anche con la forza di dimostrare che ci sarebbe anche una moltitudine di gente disposta a lottare per i propri diritti, per ciò che è giusto. Questo atteggiamento delle persone di cui parlo sopra mi rattrista, mi innervosisce. Forse un giorno la gente capirà che è meglio prendere in mano le redini della situazione, piuttosto che continuare a delegare gente indegna che poi - parafrasando in italiano un'espressione idiomatica bolognese - te lo mette nel bisacchino.

Nel frattempo, voi che non siete di Bologna e non la conoscete, sappiate che certe idee e immagini che pensate siano ancora legate alla città sono in realtà vetuste. Ci sono città che si portano dietro uno sciagurato retaggio di cose celebrative ed encomiastiche, come le tristi cartoline con le tre T, che a Bologna sono Torri, Tette e Tortellini.

Citando Guccini, modenese che a Bologna ci ha vissuto lungamente prima di trasferirsi nella sua Pavana, nella zona dell'Alto Reno Pistoiese, tra l'Emilia e la Toscana, Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli, col seno sul piano padano e il culo sui colli.

"Oh, quanto eravamo poetici, ma senza pudore o paura, e i vecchi imbariaghi sembravano la letteratura. Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna, cullati fra i portici-cosce di mamma Bologna [...] Lo sprechi il tuo odor di benessere, però con lo strano binomio dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio e i tuoi bolognesi se esistono, ci sono od ormai si son persi, confusi e legati a migliaia di mondi diversi [...] Bologna ombelico di tutto, mi spingi ad un singhiozzo e ad un rutto, rimorso per quel che m'hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato.

(Bologna, dall'album Metropolis, 1981)

Sono finiti i tempi dei biassanòt, della goliardìa e delle osterie di fuori porta, "la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta." (Canzone delle osterie di fuori porta, album Stanze di vita quotidiana, 1974, Francesco Guccini).

Un ciclo si è concluso, portando un senso di disagio, forse anche di paura. Ora si presentano facce nuove, con pensieri e situazioni nuove. Qualcosa è finito, ma ci dobbiamo rendere conto che qualcosa di nuovo sta cominciando e può e deve arricchire le nostre vite, e noi dobbiamo essere pronti, preparati e disposti ad accoglierlo.

sabato 27 novembre 2010

Riga

(foto by Jacopo, settembre 2010)

Ho visitato Vilnius, la capitale della Lituania, nel giugno 2009, e Riga e Tallinn - rispettivamente capitale della Lettonia e capitale dell'Estonia - quest'anno a settembre. 
Delle tre capitali baltiche, quella che mi ha colpito di più è stata Riga, la più grande e popolosa delle città baltiche, con più di 800.000 abitanti, per i suoi contrasti, le mille sfaccettature, la vivacità e il dinamismo che la pervadono. 
Con il crollo dell'Unione Sovietica, una grossa fetta della popolazione russa fatta insediare nel paese baltico a partire dal termine della Seconda Guerra Mondiale (per tentare di controllare, di sedare e di annicchilire la popolazione locale) è rimasta. Nella sola Riga la popolazione di lingua russa costituisce ben il 50% della popolazione cittadina, nel resto del Paese i russi sono presenti in una forbice che varia tra il 40 e il 45%. I lettoni sono molto patriottici e sovente inducono nel lirismo quando parlano del loro Paese. La popolazione totale in Lettonia è di 1 milione e 700.000 unità e i lettoni ritengono, non so se a torto o a ragione, che la loro lingua (una delle due rimaste di ceppo baltico, insieme al lituano) sia quasi in pericolo di estinzione.
Come si può introdurre Riga in breve a coloro i quali non ci sono mai stati? Sicuramente le cose da vedere - e da vivere - sono tutto il nucleo storico della Vecchia Riga, con le sue antiche strade medioevali di acciottolato (Riga Vecchia è stata nominata dall'UNESCO patrimonio culturale dell'umanità) e le antiche case dei mercanti e degli artigiani (Riga era una città facente parte della Lega Anseatica), tra le quali spiccano le costruzioni di quelle che vengono chiamate "i tre fratelli" e la sede della Corporazione delle Teste Nere, una corporazione di mercanti scapoli, il quartiere Art Nouveau, con più di 700 edifici costruiti a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, molti dei quali furono progettati dal padre del regista Eisenstein, che era un architetto, la vicina costa Baltica, con una lingua di terra sabbiosa che si snoda lungo la località di Jurmala, e per finire, la silhouette della città, costituita da una moltitudine di torri e campanili, dall'antica Torre delle Polveri fatta costruire dagli svedesi, al Castello (oggi dimora del Presidente della Repubblica), per finire ai campanili del Duomo di Riga e della Chiesa di San Pietro.

Ho di recente terminato la lettura di un giallo che sconfina quasi nella spy-story. Fa parte del ciclo delle indagini condotte dal commissario Kurt Wallander, sbirro malinconico e disincantato di una piccola città della regione svedese della Scania. L'autore è Henning Mankell e il titolo è "I cani di Riga".
Nelle gelide acque del Mar Baltico, sotto una fitta nevicata, un uomo al timone di un peschereccio di contrabbando diretto verso le coste svedesi, avvista un canotto di salvataggio rosso alla deriva, con a bordo due cadaveri abbigliati in giacca e cravatta, freddati entrambi con un colpo di pistola al cuore. L'ispettore Wallander, coadiuvato da un collega poliziotto giunto dalla Lettonia, da cui proviene il canotto, pensa di aver risolto il caso in pochi giorni; ma il collega lettone, una volta rientrato a Riga, viene assassinato. Spinto a seguire la pista lettone fino a Riga, il commissario Wallander si ritroverà al centro di un pericoloso intrigo, nel quale si intrecciano gli interessi della mafia russa e del corrotto ambiente politico sullo sfondo della disgregazione dell'Unione Sovietica e dell'inquietante ascesa di una nuova, oscura criminalità.

CITAZIONI DAL ROMANZO:

"Continuava ad avere difficoltà ad accettare che la Repubblica Democratica Tedesca non esistesse più e che un intero popolo, che i tedeschi dell'Est non esistessero più. In una sola notte, la storia aveva cancellato una frontiera fittizia che aveva diviso una nazione per più di trent'anni. Ora c'era un unico stato che si chiamava Germania e due popoli che erano tornati a essere uno solo. E tutti cercavano di immaginare, senza però riuscirci, cosa potessero veramente provare incontrandosi liberamente nella vita di tutti i giorni."

"Il porto di Brantevik era deserto.
Tutti i lampioni lungo il molo erano spenti. Solo qualche punto luminoso si rifletteva sulla superficie scura e immobile delle acque del bacino. Per un attimo, Wallander si chiese se i lampioni potessero essere stati manomessi o se la mancanza di luce facesse parte di una campagna di risparmio comunale. Doveva essere così durante l'ultima guerra, pensò. O forse questa oscurità riflette perversamente i tempi bui nei quali la nostra società sembra essere piombata. Forse è la storia che si ripete, forse stiamo entrando in un nuovo medioevo?"

"Lei deve rendersi conto che il nostro paese è sull'orlo del collasso totale. Come gli altri stati del Baltico, e gli altri stati governati come colonie dall'Unione Sovietica, la Lettonia sta cercando di riconquistare la libertà che aveva perso dopo la seconda guerra mondiale. Forse non tutti lo capiscono, signor Wallander, ma la libertà può nascere solo dal caos, mentre nell'ombra esseri con mire e intenzioni orrende rimangono in agguato. Illudersi che si possa essere semplicemente a favore o contro la libertà ha immancabilmente delle conseguenze catastrofiche. La libertà ha molti volti. Oggi, la grande massa di cittadini sovietici mandati in questo paese per mescolarsi al popolo lettone con l'obiettivo a lungo termine di sottometterci, non è solo turbata dal fatto che la loro presenza qui sia messa in discussione. Quello che, naturalmente, temono maggiormente è di perdere tutti i loro privilegi. La storia ci insegna che nessuno ha mai rinunciato ai propri privilegi spontaneamente. Ed è per questo motivo che stanno mobilitandosi, preparandosi clandestinamente a difendere quello che considerano un loro diritto acquisito. Per questo accadono anche tragedie come quella dell'autunno scorso, quando l'esercito sovietico è intervenuto prendendo il potere e introducendo lo stato di emergenza. Credere che una nazione possa passare indenne da una dittatura alla democrazia è un'altra pericolosa e vana illusione. Per noi, la libertà è seducente come una donna bella e irresistibile. Per altri, la libertà è una minaccia che deve essere combattuta a tutti i costi."

"Alcune persone si svegliano al canto del gallo, altre quando il silenzio è troppo intenso."

"Fu attraversando uno dei parchi della città di cui non ricordava il nome che si accorse di quanti cani ci fossero a Riga. Non solo quelli invisibili che gli stavano dando la caccia. Ma anche cani veri, normali, che i proprietari portavano a spasso. Attraversando quel parco, la sua attenzione fu attirata da due cani che stavano azzuffandosi violentemente. Uno era un pastore tedesco e l'altro un incrocio di razze indefinibile. I proprietari cercavano di dividere i due contendenti, ma cominciarono a urlare e litigare fra di loro. Il proprietario del pastore tedesco era un uomo anziano, mentre il cane di razza mista lo teneva una donna sulla trentina. Osservando la scena, Wallander ebbe la sensazione di essere testimone di una resa dei conti simbolica. Le contraddizioni e l'antagonismo delle fazioni di quel paese si scatenavano improvvisamente come una lotta fra cani. Gli animali si battevano seguendo l'esempio degli esseri umani e non era in grado di vedere una via d'uscita." 

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Le foto dei miei viaggi possono essere viste sui seguenti siti:

- http://picasaweb.google.com/iacopo.stigliano
- http://www.traveljournals.net/travelers/iacopocm/

Contro parole ed atteggiamenti che escludono



Dedico un passo estrapolato dal romanzo Flatlandia - Racconto fantastico a più dimensioni, dell'autore Edwin A. Abbott, a tutti coloro i quali sono pervasi di individualismo e di egoismo, sono incapaci di ascoltare, di aprirsi al prossimo, al diverso, al più debole.

[...] Mentre dormivo feci un sogno. [...] Stavamo muovendoci insieme verso un punto luminoso ma infinitamente piccolo sul quale il Maestro dirigeva la mia attenzione. [...] "Guarda laggiù," disse la mia Guida "nella Flatlandia tu hai vissuto, della Linealandia tu hai avuto una visione; con me ti sei innalzato alle altezze della Spacelandia; ora, per completare il quadro della tua esperienza, ti condurrò verso il basso, nelle più oscure profondità dell'esistenza, nel reame di Pointlandia, nell'abisso dell'adimensionale.
"Osserva quella miserabile creatura. Quel punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuor di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un'idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l'essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici. Ascolta, adesso".
S'interruppe; e in quel momento dalla creaturina ronzante si levò un lieve ticchettio, basso e monotono ma distinto [...] e io ne distinsi queste parole: "Infinita beatitudine dell'esistenza! Esso è; e non c'è altro al di fuori di Esso".
"Cosa vuol dire con esso" dissi io "quella piccola creatura?". "Vuol dire se stesso" disse la Sfera. "Non hai notato prima di ora che i bambini e le persone infantili, che non sanno distinguere fra se stessi e il mondo, parlano di se alla Terza Persona? Ma taci".
"Esso riempie ogni Spazio," continuò la piccola Creatura nel suo soliloquio "e quello che Esso riempie, Esso è. Quello che Esso pensa, Esso lo dice; e quello che Esso dice, Esso lo ode; ed Esso è Pensatore, Parlatore, Ascoltatore, Pensiero, Parola, Audizione; è l'Uno, e tuttavia il Tutto nel Tutto. Ah, la felicità, ah, la felicità di Essere!".
"Perché non gli apri gli occhi, a quel cosino, in modo che la finisca col suo compiacimento?" dissi io. "Digli che cosa è in realtà, come lo hai detto a me; rivelagli le anguste limitazioni della Pointlandia, e conducilo verso qualcosa di più alto". "Non è facile," disse il mio Maestro "provaci tu".
Al che, levando alta la voce, dissi al Punto così: "Silenzio, silenzio, Creatura spregevole! Tu ti chiami il Tutto nel Tutto, e invece sei il Nulla: il tuo cosiddetto Universo non è che un puntolino in una Linea, e una Linea non è che un'ombra in confronto a...". "Sss, sss! Hai detto abbastanza," m'interruppe la Sfera "ascolta ora, e nota l'effetto della tua arringa sul Re di Pointlandia".
Il luccicore del Monarca, che rifulgeva più che mai mentre ascoltava le mie parole, mostrava chiaramente che la sua compiacenza di se non era stata intaccata; e io non avevo ancora terminato che egli riprendeva il suo ritornello. "Ah, la gioia, ah, la gioia del Pensiero! Cosa non può Esso ottenere grazie al Pensiero! Il suo proprio Pensiero che a Se stesso si rivolge, insinuando il disprezzo di se solo per esaltare la Sua felicità! Dolce ribellione suscitata per finire in trionfo! Ah, il divino potere creativo del Tutto nell'Uno! Ah, la gioia, la gioia di Essere".
"Vedi" disse il mio Maestro "quanto poco hanno potuto le tue parole. Nella misura in cui il Monarca riesce ad afferrarle, egli le accetta come sue (poiché è incapace di concepire altri all'infuori di se stesso) e si vanta della varietà del "Suo Pensiero" come di un esempio di Potere creativo. Lasciamo questo dio di Pointlandia al godimento ignorante della propria onnipresenza e onniscienza: niente che tu o io possiamo fare può scuoterlo dal compiacimento che prova di se stesso".
Dopo di ciò, mentre ritornavamo dolcemente fluttuando verso la Flatlandia, potei sentire la voce pacata del mio compagno che sottolineava la morale della mia visione, stimolandomi ad avere delle aspirazioni e a insegnare agli altri ad averne. [...]