Blaise Pascal
Vilnius - Riga - Tallinn. La Via Baltica in verità non esiste, è una mia invenzione. Scusatemi veramente se sto diventando monotematico, terribilmente monotematico, ma il mio horreur du domicile e la mia conseguente volontà di fuga non mi fanno ultimamente pensare ad altro, a distanza ormai di quasi un anno da questo ultimo viaggio in quel lembo di Centro Europa (non propriamente Europa dell'Est e non ancora Europa del Nord), che mi ha fatto sviluppare questa sorta di fissazione, di amore viscerale per quella zona geografica, attaccamento affettivo tutto fatto di intime e personali suggestioni che non riesco assolutamente a delineare a parole.
Si narra che il viaggio perfetto è circolare, con la gioia della partenza e la gioia del ritorno. Ma per me non è così. E' vero che ho un'anima duale, con una parte di me che vorrebbe essere sempre in movimento e una parte di me che brama invece più la staticità e la ciclicità, ripetitività degli eventi. Ma in me non c'è mai stata gioia insita nel rientro a casa, c'è sempre stata la cosiddetta sindrome da rientro, che talvolta, invece di durare solo per pochi giorni, è addirittura durata per settimane, se non per mesi, mentre la mia vita scorreva monotona e uguale in luoghi che sono ormai diventati pieni solo di ambasce.
Guy de Maupassant diceva che il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno; Tarkovskij diceva che il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico e che ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare, mentre Gore Vidal, in maniera più leggera, afferma: "Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati.". Henri David Thorau si diceva stupito per la capacità di resistenza, dei suoi vicini, che si confinano tutto il giorno nei loro negozi o nei loro uffici, e questo per settimane e per mesi, anzi, praticamente per anni, e di sé stesso diceva: “Il mio desiderio di conoscere è discontinuo, ma il desiderio di rigenerare la mente in atmosfere sconosciute, esplorando zone non acora percorse dalle mie gambe è perenne e costante…è la grandiosa ed improvvisa rivelazione dell’inadeguatezza di ciò che sino a quel momento abbiamo chiamato Conoscenza, la scoperta che vi sono in cielo ed in terra assai più cose di quante ne sogna la nostra filosofia.”.
Ci sono poi i fautori di una linea quasi più orientale, oserei dire quasi taoista, che è quella del viaggio interiore, del viaggio dentro sé stessi, seguendo quello che affermava Gauthama Buddha dicendo "Non puoi percorrere la via prima di essere diventato la via stessa", e ho voluto raccogliere alcune citazioni:
- "Ero uscito solo per fare una passeggiata ma alla fine decisi di restare fuori fino al tramonto, perché mi resi conto che l'andar fuori era, in verità, un andare dentro" John Muir da "La mia prima estate sulla Sierra"
- "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi". (Marcel Proust)
- È quando il corpo è tra quattro mura che lo spirito fa i suoi viaggi più lontani. (Augusta Amiel-Lapeyre)
- Il viaggio è nella testa. (Jean Baudrillard)
- L'unico viaggio irrinunciabile è l'esplorazione dell'io. (Alessandro Morandotti)
- Chi si sente a suo agio in casa, non va peregrinando lontano. I molti viaggi di scoperta nel mondo dimostrano l'insoddisfazione universale. (Friedrich Rückert)
Ma il mio preferito di sempre è Bruce Chatwin, autore che ho imparato da subito ad amare ai tempi dello studio universitario, perché c'è stata una immediata consonanza tra i concetti che esprimeva attraverso le sue riflessioni scritte e la mia indole, il mio io.
Chatwin era quello che diceva che il viaggio non solo allarga la mente, le dà forma.
Chatwin riteneva che tutte le nostre attività sono legate all'idea del viaggio e che il nostro cervello ha un sistema informativo che ci dà ordini per il cammino, e qui sta proprio la molla della nostra irrequietezza. L'uomo ha scoperto per tempo di poter spillare tutta questa informazione d'un colpo, manomettendo la chimica del cervello. Di poter volare via in un viaggio illusorio o in un'ascesa immaginaria. Di conseguenza gli stanziali hanno identificato Dio con il vino, con l'hashish o con il fungo allucinatorio; ma di rado i veri vagabondi sono caduti in preda a questa illusione. Le droghe sono veicoli per la gente che ha dimenticato come si cammina.
Mi è stato chiesto quali delle tre capitali è la più bella o quale delle tre mi è piaciuta di più. Non lo so, è difficile rispondere, in quanto ci sono sostanziali differenze tra una città e l'altra.
A Riga, secondo lo stereotipo maschile, ci sono le ragazze più belle, è la città più "russa" delle tre, con un bel centro storico, meritevole, che ricorda il passato anseatico e la fa rassomigliare molto alle città del nord della Germania come Lubecca; Tallinn, la più nordica e "scandinava", essendo molto vicina alla Finlandia (anche i tratti somatici delle persone cambiano), oltre ad essere la più ricca delle tre, viene considerata un piccolo gioiellino con il suo equilibratissimo mix di moderno e antico (il suo centro storico medioevale, parte alta e parte bassa, un tratto di mura ancora intatte); Vilnius è quella più piccola e provinciale, un po' più povera, con la vita forse meno cara, e quella dove forse si incontra la gente più cordiale (con questo non voglio però disquisire sul livello di cordialità degli altri due popoli baltici, il mio era un ragionamento di massima), molto barocca e diversa dalle altre due. E comunque tutte le città sono accoglienti, se poi a uno interessano le atmosfere un po' grigie dell'architettura realista sovietica basta muoversi dal centro e andare in periferia per trovare i palazzoni costruiti ai tempi dell'URSS.
Estremizzando e creando delle sorte di paradossi, si potrebbe in sintesi dire:
- Tallin, la più "scandinava"
- Vilnius, la più "polacca"
- Riga, la più "russa"
E comunque ognuno le deve visitare e farsi la propria idea, preparandosi a trovare la meraviglia anche nelle piccole cose, partendo con un bagaglio leggero e pratico e cancellando con un colpo di spugna tutti i tristi luoghi comuni a sfondo sessuale maschile per prepararsi alla flânerie.
Se ci andate d'estate e fa comunque particolarmente freddo, troverete che per le persone è normale mangiare all'aperto con coperte di lana indosso che vengono fornite dai camerieri.
A Vilnius assaggiate la cucina tipica, calorica e a base di patate e zuppe. La birra è veramente ottima e vi consiglio di assaggiare anche la vodka lituana. Vilnius è una città piena di fiori e giardini curatissimi e il cielo è di un azzurro così intenso da rendere quasi rotonda la prospettiva del paesaggio. Ovunque rigore mitteleuropeo, con le case dai tetti spioventi. Pochi itinerari ma precisi, tra questi le tre croci sulla collina che svettano tra le nuvole rapide e il cielo azzurrissimo, con la città adagiata ai loro piedi. Nel mezzo chiese piene di oro e di ex voto, donne che recitano il rosario con una lingua diversa ma con la stessa identica cantilena delle nostre nonne, piccole piazze e cortili dentro palazzi pieni di fiori. Tagliate il centro in due per salire sulla collina di Užupis, la repubblica della felicità come recita la costituzione affissa sul muro, a metà tra Christiania e Montmartre, in realtà e molto più semplicemente un quartiere diviso in due: da un lato case belle e di ex fricchettoni probabilmente, dall’altro case di legno, cadenti, fabbriche chiuse con le finestre murate che arrivano fino all’autostrada; il tutto a ridosso di un parco sereno e tranquillo, con l’accademia di belle arti alla quale si accede solo superando un ponte, un fiume da percorrere in canoa, ragazzi che ballano, fidanzati che si baciano.
Tra una città e l'altra si percorrono per chilometri e chilometri strade perfettamente dritte con boschi a destra e a sinistra, interrotti solo ogni tanto da campi coltivati e pascoli.
Riga è la città più grande dinamica, con molto turismo e con le persone che camminano veloci per la strada, sembra una piccola Russia del giorno d'oggi, non solo per le scritte in cirillico ovunque o per il fatto che il più delle persone parli russo, ma anche per una atmosfera probabilmente dovuta alle strade enormi che si intersecano sempre perfettamente a scacchiera. La vita si svolge nel centro antico, un fiorire di guglie, di chiese ortodosse, torrette e palazzi dalle facciate ricamate a dai tetti spioventi. Riga sembra purtroppo essere una sorta di Sodoma post URSS e di questa immagine sembra però non riuscire a liberarsi totalmente. Le ragazze sono ancora più smaliziate e si aggirano in gruppo vestite succinte, manifestano una sicurezza e una emancipazione che sanno di nuovo: sono belle, ben vestite – globalizzate – si aggirano in due o in tre, frequentano locali costosi con turisti maschi allocchi adescati per strada. Riga è una citta dal cuore architettonico liberty. I palazzi, uno accanto all’altro, sono un rigoglio di fiori, draghi, stucchi coloratissimi e fregi dall’intaglio perfetto. Ogni facciata è diversa dall’altra e seguendo la strada le forme e i motivi si alternano fino a diradarsi ma mai completamente. Più entriamo nel centro, invece, e più i tetti e le guglie si appuntiscono. E’ un continuo via vai di gente che si contrappone alla solitudine e al silenzio di alcune stradine secondarie: i turisti sono molti ma il centro è abbastanza grande perché si disperdano in un attimo.
Tallin è come due città in una: la moderna Estonia che ha adottato l’euro e che si porta dietro i postumi architettonici della Russia e la città vecchia, un continuo saliscendi che ha come apice tre terrazze verdi a picco su guglie e sul porto. E’ una città bellissima, sì, con un centro storico incredibilmente affascinante, che paga però il fatto di essere piccolo. Prendete un tram e dirigetevi verso il Kumu, il Museo di Arte Contemporanea, immerso nel parco verdissimo di Kadriorg. E’ una zona bella ed interessantissima, un’ulteriore faccia di una città a metà tra la Russia, l’Europa medievale e la Finlandia. Tallinn è anche la città delle vecchie fabbriche rimesse a nuovo e un distretto creativo con ristoranti, locali e negozi.
Insomma, ci sono le atmosfere che cambiano, le facce delle persone che cambiano da una città all'altra, e poi ci siamo noi, che viviamo e ci mettiamo alla prova tra un fregio architettonico, una sfumatura del cielo e una persona che cammina per strada. Qui non si tratta solo di viaggiare, bensì di fare esperienze minimali, di bellezza e non solo, per arricchire il nostro bagaglio di vita quando torneremo a casa.