Solvitur ambulanda
N.B.: Il presente blog non costituisce testata giornalistica, né ha carattere periodico, essendo aggiornato in base a come pare a me. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001.

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domenica 16 ottobre 2011

La crisi ha messo in dubbio il modello di sistema. Ci sono paesi che hanno avuto gravi responsabilità nel creare questa crisi. Alcune politiche, a lungo difese dai mercati finanziari e dalle istituzioni finanziarie internazionali, hanno contribuito alla diffusione della crisi in tutto il mondo. Ora si è giunti a dubitare del fatto che i mercati abbiano la capacità di autoregolarsi. I mercati finanziari stanno spingendo per un ritorno alle vecchie maniere e in una situazione di elevato debito pubblico si tagliano i servizi essenziali per i lavoratori. In un mondo segnato da elevati livelli di disoccupazione, le politiche di austerità pretese dai mercati porteranno a livelli di disoccupazione ancora maggiori e questo, a sua volta, provocherà una pressione verso il basso sui salari.
C'è una cecità di natura politica che porta in tempi come questi a tagliare sulla spesa sociale. Ma ci sono politiche che possono migliorare l'efficienza dell'economia e promuovere una crescita di lungo periodo. Costringere le imprese a pagare i costi che impongono all'ambiente, ad esempio. La regolamentazione ambientale porterebbe ad un'aria più respirabile e ad un'acqua più sicura. Tassando le attività cattive invece delle buone (come il lavoro e i risparmi) si genera reddito e si aumenta l'efficienza. I titoli finanziari tossici americani hanno inquinato l'economia globale e hanno imposto costi enormi sulle spalle di altri. Esiste un'ampia gamma di imposte sul settore finanziario che potrebbero generare un ammontare considerevole di entrate fiscali e portare ad un'economia più stabile. Le tasse sui derivati del petrolio e sulle attività che provocano emissioni di anidrire carbonica potrebbero incrementare l'efficienza energetica, fornendo le risorse per ridurre il deficit pubblico.
Il consolidamento fiscale non deve pesare sulle spalle di chi ha sempre sofferto per il malfunzionamento del sistema, ma piuttosto sulle spalle di chi ha beneficiato di questo malfunzionamento di sistema. Il sistema economico è governato da un insieme di regole che favorisce alcuni giovcatori alle spese di altri. Negli ultimi 30 anni siamo stati influenzati dall'idea che si dovevano attuare regole che interferissero il meno possibile con i mercati. Cio che i sostenitori della deregolamentazione e del libero mercato hanno creato è stato un sistema che potrebbe essere chiamato "surrogato" del capitalismo, il cui elemento essenziale è sempre stato dato dalla socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei guadagni. Questo surrogato è strettamente legato al capitalismo delle grandi imprese sostenuto e promosso dai repubblicani americani. E chi paga i regali fatti alle aziende sono sempre i cittadini più vulnerabili - consumatori e/o contribuenti - attraverso la tassazione o l'aumento dei prezzi dei beni acquistati.
Quattro anni dopo l'esplosione della bolla speculativa americana sul mercato immobiliare, che ha trascinato nel baratro l'economia globale, il prezzo dei misfatti non è ancora stato pagato. La produzione rimane ben al di sotto del suo potenziale in molti paesi industrializzati e alle perdite va sommata la cattiva gestione del rischio prima della crisi. A parte i periodi di guerra, nessun governo è stato mai responsabile di perdite così ingenti come quelle causate dalla cattiva condotta del settore finanziario.
Ogni società si dovrebbe fondare su un senso di coesione sociale e di fiducia , su un senso di equità. La crisi ha spazzato via il contratto sociale e tutti gli elementi che garantiscono il corretto funzionamento di una società, con le banche che, attuando pratiche ingannevoli e sostenendo che prendere delle precauzioni era responsabilità di altri, si sono rese responsabili di perdite di miliardi. E sembra che i governi, invece di correggere le iniquità, vogliono mantenerle.
Quel che è peggio è che è stato chiesto ai cittadini di subire politiche di austerità, maggiore disoccupazione e tagli ai servizi pubblici per pagare i debiti generati dal cattivo comportamento della finanza e per proteggere i grandi azionisti e i possessori di titoli delle banche.
Bisogna introdurre regole rigide ma buone e bisogna ristabilire un senso di equilibrio. Il settore finanziario dovrebbe servire l'economia, non viceversa.
Oggi abbiamo lo stesso capitale umano e fisico che avevamo prima della crisi. Non c'è ragione nel continuare a sottoutilizzare le risorse. L'alternativa è possibile, ci sono politiche economiche che possono aumentare l'uguaglianza, l'occupazione e i salari. La moderna tecnologia ha la capacità di accrescere il benessere di tutti i cittadini, ma vediamo come, invece, si è creata un'economia in cui la maggior parte dei cittadini vede peggiorare la propria condizione anno dopo anno.
Le sfide che i governi, le società e le economie devono affrontare sono enormi. Siamo sull'orlo del baratro.

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Uniti nelle nostre diversità, uniti per il cambiamento globale, dobbiamo chiedere una democrazia globale, un cambio di regime. Il G8 deve essere sostituito dall'umanità intera. Le istituzioni non democratiche a livello globale devono essere il nostro nemico: il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, le banche multinazionali, il G8, il G20. Non bisogna più permettere a queste istituzioni di continuare a gestire le nostre vite senza il nostro consenso.
Nasciamo tutti uguali. Se le istituzioni internazionali non riflettono questo devono essere abbattute. Forze globali influenzano la nostra vita: il nostro lavoro, la nostra salute, il nostro diritto alla casa, la nostra educazione e le nostre pensioni. L'ambiente è distrutto dall'inquinamento. Il mondo è disseminato da guerre internazionali e vigono il traffico internazionale di armi, della droga e delle risorse naturali. Stiamo perdendo il controllo sulle nostre vite. Questo deve finire, perché i cittadini del mondo si devono riprendere il controllo sulle decisioni che li riguardano e li influenzano a tutti i livelli, dal globale al locale.

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C'è un termine che si sente pronunciare spesso in televisione: bailout. Significa "salvataggio" di qualcuno, nel nostro caso di banche e imprese in difficoltà. Si realizza fornendo abbondante liquidità a chi è in bancarotta o sta per andarci. Negli Stati Uniti il salvagente sappiamo che è stato lanciato 3 anni fa per salvare le grandi imprese automobilistiche e le banche con erogazioni a fondo perduto e prestiti a tassi ridicoli o addirittura a tasso zero. Il sistema finanziario nell'immediato è stato salvato. Il problema però è che le enormi risorse spese dagli stati per il salvataggio delle banche devono essere rimborsati e hanno creato dissesti nei conti pubblici ai quali ora i governi pongono rimedio con misure restrittive che colpiscono i ceti più deboli.

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Ci siamo resi conto che non viviamo nel migliore dei mondi possibili e pertanto dobbiamo ritenerci autorizzati a considerare delle alternative.
Hanno detto che siamo violenti. Ebbene, noi ci consideriamo violenti come il Mahatma Gandhi. Ci consideriamo violenti perché vogliamo cambiare l'attuale corso delle cose. E cos'è la nostra violenza puramente simbolica paragonata alla violenza messa in atto per sostenere il funzionamento del sistema capitalista mondiale?
Hanno detto che siamo dei perdenti, ma i veri perdenti sono quelli che a Wall Street hanno dovuto essere soccorsi da centinaia di miliardi di denaro.
Noi teniamo al bene comune, alla natura e alla conoscenza minacciate dal sistema.
Hanno detto che siamo dei sognatori, ma i sognatori sono coloro che pensano che le cose possano andare avanti indefinitamente così. Non siamo dei sognatori, bensì rappresentiamo il risveglio da quello che non è un sogno, è un incubo.
Non distruggiamo nulla, ma dimostriamo come il sistema si stia gradualmente distruggendo da solo.
Ci dicono che non si può difendere il vecchio Stato sociale, perché non ci renderebbe competitivi, oppure ci dicono semplicemente che "bisogna fare così" e basta. Ma è venuto il momento di capovolgere le coordinate.

martedì 11 ottobre 2011

Imparai a scriverti in giorni più felici ed ogni lettera era come una scheggia che strappavo dal mio cuore, un frammento appena ritagliato per il mosaico della vita.

I lunghi, tristi anni passano ancora e ancora spargo i miei fragili fiori e sussurro parole d'amore che nessuno ascolta.

domenica 9 ottobre 2011

Casa mia andrebbe vivacizzata un attimo, perché c'è come un silenzio di morte...forse io stesso sono già morto e non me ne sono ancora reso conto...la morte...certe volte ci penso, la beata fine, la pace eterna, il fatto di non dover lottare più, sgomitare, soffrire, incazzarsi, il fatto di non dover più rendere conto a nessuno, amare qualcuno e non essere ricambiati...ben poco senso acquista la vita così...allora ben vengano la pace e la quiete del silenzio.
Odio questa vita miseranda e la tremenda vacuità che sento intorno a me e che ottenebra la mia mente e offusca il mio sentire, odio quella sottesa angoscia che mi assale certe sere dopo il crepuscolo o certe domeniche.
Prendi una persona piena di sogni e di belle speranze per il futuro, fai tesoro della sua buona volontà ma tarpa le sue ali con le quali vorrebbe spiccare il volo per raggiungere gli obiettivi prefissi, che non arriverà mai a tangere; nel giro di due o tre anni otterrai una persona svuotata di senso, di vitalità, di fiducia, di serenità e di forza proprio come mi sto sentendo adesso.
La vita e la mia città natale, che sto iniziando ad odiare, sono state avare con me, è stato sempre tutto un dare da parte mia per poi ricevere solo lo scarto di quello che era stato passato al setaccio.
Perché non riesco proprio ad essere una persona normale come tutti gli altri, da dove nasce tutta questa mia fatica nel relazionarmi serenamente, pacatamente e senza sforzi - che sembrano a me titanici - con il mio prossimo? Mi sento mancante di attrattiva, solo al mio destino ed abbandonato da chi non ha più tempo da dedicare per le cose belle della vita.
Non ce la faccio più ad andare avanti così, veramente, avrei voglia di voltare pagina...o di farla finita.

sabato 1 ottobre 2011

Questa esistenza oppressa dal soddisfacimento dei bisogni materiali impedisce alle volte ai nostri cuori e alle nostre menti di essere in comunione e in sintonia.
Non saprei stavolta, forse per cercare di avere maggiore umiltà, vorrei provare ad osservare la situazione da un punto di vista diverso e pensare che magari non è sempre e soltanto colpa del carattere di alcuni, ma anche del mio.
Ti prego di perdonarmi per ogni mia omissione nei tuoi confronti e per qualche mio pensiero su di te che qualche volta è stato un po' negativo, ma non per cattiveria, rabbia o invidia, bensì forse per gelosia.
Ti sento cambiato...ma ho nostalgia dei bei vecchi tempi andati, quando eravamo più spensierati e mi sforzo di convincermi che tutto scorre, ma a volte non ci riesco. Anch'io mi sento cambiato, ma poi faccio mentalmente un paragone fra me e te e allora mi rispondo che non è vero o che non me ne rendo conto. Ma forse è più accettabile la prima ipotesi, dacché sono rimasto fermo ad una indefessa e sfegatata idolatria pagana di stampo fanciullesco dei miei idoli, proprio come in passato.
Ma ora devo cercare di fermare la mia mano e il mio pensiero, per non apparire troppo tedioso.
A proposito, non chiedermi il significato intrinseco di ciò che ho scritto, non saprei risponderti. Forse non sono stato proprio io a scrivere, bensì una delle mie altre personalità in un prepotente tentativo di emergere alla luce e comunque credo che la stessa abbia volutamente lasciato dei lati oscuri.
Mi sento molto legato a te perché sei l'unica persona che posso veramente chiamare AMICO.
Essendo certo del fatto che mi sarà difficile, anzi pressoché impossibile perderti, lasciami almeno dire che spero che questo nostro legame divenga ancora più saldo.
Assistiamo alla ricomparsa in società di termini quali bisogno, giustizia sociale, imperialismo capitalista. Tutti termini che erano stati cancellati con la caduta del Muro di Berlino e che invece oggi tornano ad apparire non solo nei cortei dei lavoratori, ma anche nei mezzi di comunicazione.
Sarò sempre persuaso del fatto che il comunismo, pur sconfitto nella sua forma materiale in cui si era concretizzato nel Novecento, non ha però ancora smarrito il senso profondo che determina la sua esistenza e che lo ha reso in ogni caso sempre adatto a determinare il futuro dell’umanità. E se la borghesia ha impiegato centinaia d’anni per imporre il proprio dominio (divorando poi velocemente fraternità, uguaglianza e libertà), al riscatto del comunismo certo potrebbero essere concesse in futuro altre prove di realizzazione, che oltrepassino i confini temporali del XX secolo per renderlo un neocomunismo del XXI secolo adattato e adattabile alle nuove sfide che ci impongono le congiunture e il mondo d'oggi.
In realtà oggi Marx è tornato così tanto d’attualità perché mai erano venute meno le ragioni che supportavano la sua teoria, perché il tardocapitalismo porta comunque dentro di sé i germi della propria crisi e della propria autodistruzione. Cosicché l’unica speranza di sopravvivenza della specie umana è in un suo superamento, pena la propria estinzione, in un mondo logorato ed avvelenato dall’arroganza di un sistema economico che è come un corpo morente tenuto forzatamente in vita.

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L'atteggiamento più corretto credo che sia quello di credere veramente a coloro che fanno ciò che dicono e non quello di dimostrare alle altre popolazioni di saper fare grandi discorsi di solidarietà, i quali infine  non si concretizzeranno mai.