Solvitur ambulanda
N.B.: Il presente blog non costituisce testata giornalistica, né ha carattere periodico, essendo aggiornato in base a come pare a me. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001.

Powered By Blogger

sabato 23 luglio 2011

Non si è mai un individuo singolo ma un popolo, il membro di una tribù che si aggrega e si riconosce.
Il narrare è sempre ascolto e visitazione fantastica degli altri, in quanto nasce dall'aver ascoltato i racconti di una popolazione di individui a cui associarsi anche solo fantasticamente.
L'individualismo proprietario è la lebbra metafisica che corrode irreparabilmente il nostro tempo.


(Parafrasando Gianni Celati)

Vi ricordate la Birra Ronzani?


Un grande marchio bolognese è rinato grazie ad una produzione artigianale. E' risorto lo storico marchio della Birra Ronzani, che fin dalla sua nascita nel 1855 era stata compagna di bevute nella Bologna del tempo che fu, legando il suo nome alle glorie del Bologna Footbal Club, lo squadrone che tremare il mondo faceva, alle libagioni nelle osterie dei biassanòt, a celebri eventi sportivi come la Targa Florio o all'entusiasmo suscitato quando Marconi inventò la radio, fino al 1962, quando la tedesca Wührer, proprietaria del 100% delle quote, acquisite nel 1959, ne trasferì la produzione da Casalecchio di Reno a Brescia, facendone perdere le tracce.
Alberto Ronzani, 37 anni, casalecchiese omonimo che ha avuto la bella idea di ridare alla città ciò che essa aveva perduto, in verità non produce una birra al 100% made in Bologna, perché ad esempio impiega acqua di sorgente che viene prelevata a Monte Nerone, sul confine umbro-marchigiano. Sarebbe tuttavia impensabile al giorno d'oggi tornare ad impiegare l'acqua del fiume Reno (in origine la Ronzani, "l’oro del Reno", veniva prodotta utilizzando l’acqua del fiume).

Questo per spiegare comunque che, oggi sempre più spesso, la qualità e il successo di una birra si ottengono anche impiegando ingredienti non necessariamente provenienti dal territorio in cui essa viene prodotta. E qui mi permetto di fare un parallelismo con un'altra birra.


La Viru è una birra estone che sta riscuotendo un discreto successo anche in Italia. Pilsner dal sapore fresco, pulito e vivace, colpisce per la sua bottiglia dalla caratteristica forma ottagonale. Originaria della bellissima città universitaria di Tartu, capitale morale dell'Estonia, viene prodotta con il malto migliore selezionato a mano nei campi di grano della Lituania e con il famoso luppolo di Saaz, in Repubblica Ceca. 

Dopo tutto questo non vi è venuta voglia di farvi una buona bevuta di una pinta di birra fresca? Alla salute!  

Discorso della forma

"Nel divenire dell'arte, del conoscere e della scienza s'incontrano ripetuti tentativi di fondare e svolgere una dottrina che a noi piace chiamare Morfologia", scriveva Goethe nel Versuch die Metamorphose der Pflanzen zu erklären (La metamorfosi delle piante), saggio scientifico del 1790. Fin dall'origine, la teoria delle forme è una teoria delle trasformazioni: la forma non è tanto Gestalt (entità fissa), ma Bildung (formazione). Nella realtà la forma vive sempre e solo in formazione, è l'esito scolpito dal tempo di un diagramma di forze.
πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός (Panta rei os potamòs), tradotto in "Tutto scorre come un fiume"è l'aforisma di Eraclito in cui è formulata la visione del filosofo sul divenire delle cose. L'espressione proviene da un frammento del trattato Sulla natura:

"Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va."

In questo frammento è sottolineato come l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza due volte, giacché ogni ente, nella sua realtà apparente, è sottoposto alla legge inesorabile del tempo. Altrove tuttavia Eraclito sottolinea che v'è un Logos, sottostante a questo continuo mutamento, un'armonia profonda che governa in modo oscuro e inconoscibile la perenne dialettica fra contrari, che provoca il divenire perpetuo degli enti sensibili.

E' alla forma che la nostra tradizione filosofica affida il ruolo primario, in termini ontologici, di scolpire l'identità degli enti, e in termini gnoseologici, di renderli osservabili.
La morfologia si edifica come "scienza trasversale" in un mondo che è una rete di comunicazioni dove si trasportano forme, informazioni che si imprimono sulla materia. La morfologia insegue uno statuto autonomo tra l'arte e la scienza e l'idea di un'estetica come scienza della forma ha mosso il succedersi degli stili nella storia dell'arte, fino a diventare, nella metafisica, una maschera che svela la faccia nascosta del reale.
La forma abita l'intramondo, sta all'incrocio dei piani che la nostra tradizione filosofica ha separato, sensibile e concettuale, l'astrazione geometrica e l'immaginario, il singolare e l'universale.
L'ordine proprio al "mondo sensibile" oggi non obbedisce più alla regolarità dei poliedri, né trova più posto tra le rassicuranti coordinate del piano cartesiano. Il libro della natura continua ad essere scritto nella lingua della geometria, come voleva Galileo, ma si tratta ormai di una lingua non più euclidea. La forma, che da Platone a Kant era associata al bello, abita oggi una morphologie autre, quella che viene discussa dalle scienze del caos e della complessità: i frattali descrivono forme instabili ed irregolari come il frangersi di un'onda, le anfrattuosità di una scogliera, la schiuma della birra. E l'immaginazione si risveglia di fronte a macchie, screpolature, profili di nuvole, di fronte alle potenzialità espressive dell'informe.
Ad una Natura disincantata dallo sguardo delle scienze la morfologia sembra poter restituire un senso, ritrovando nella genesi delle forme analogie insospettate tra opera della natura e opera dell'uomo.
"L'artista - diceva Paul Klee - deve porsi nel punto in cui le cose hanno origine, dove le forze generano le forme originarie."


Se l'arte ripete la morfogenesi è perché anche la natura può essere intesa come un'opera d'arte.
La storia dell'arte sembra progredire verso un grado zero della forma, nel quadrato bianco su fondo bianco di Malevic,


in Mondrian,

 
o Rotko.


Per altre vie l'arte del Novecento ritrova poi le suggestioni della cultura cinese, una cultura in cui la nozione di forma (che noi occidentali vorremmo universale) non è che una pausa nella trasformazione incessante, inseparabile del processo del mondo. Per la pittura cinese si tratta di dipingere il senza-forma, il fondo d'immanenza da cui le cose provengono, il vuoto non come mancanza o assenza ma come apertura: richiamandosi ad essa Picasso diceva che non si tratta di imitare la natura nel senso di riprodurne le apparenze visibili, ma di operare come lei, di rinnovarne cioè il processo di formazione.

lunedì 4 luglio 2011

La notte della rete


NO AL BAVAGLIO AD INTERNET.

Domani, 5 luglio, dalle 17.30 alle 21 alla Domus Talenti a Roma (via delle Quattro Fontane, 113), a 24 ore dall'approvazione della Delibera ammazza-Internet, blogger, esponenti della rete,  utenti del web, artisti, politici e semplici cittadini si ritroveranno per una non-stop contro questo provvedimento.
Fra i presenti vi saranno:
Olivero Beha, Emma Bonino, Antonio Di Pietro, Dario Fo, Beppe Giulietti, Fabio Granata, Margherita Hack, Ignazio Marino, Gennaro Migliore, Leoluca Orlando, il Piotta, Franca Rame, Vincenzo Vita e tanti altri.


  • Conferma la tua adesione e invita tutti i tuoi amici a partecipare tramite Facebook, Twitter e tutti i social network a cui sei iscritto;

  • Pubblica la notizia dell'evento de LA NOTTE DELLA RETE sul tuo blog e manda in onda la diretta in streaming dal sito de Il Fatto Quotidiano;

  • Firma la petizione all'Agcom all'indirizzo www.sitononraggiungibile.it e manda un messaggio ai membri dell'Agcom qui: http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio ;


  • Vi segnalo un approfondimento: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/censura-al-web-ribellatevi/2155378