Una volta facevano il mestiere di spazzacamini molti piccoli, età media 6-7 anni. Lo strumento simbolo di questo mestiere era la raspa.
Oggi non è più così, ma il mestiere di spazzacamino non è affatto dimenticato. Al giorno d'oggi esiste un'associazione di fumisti e spazzacamini, che organizza anche corsi professionali per imparare il mestiere.
Chi sono oggi gli spazzacamini, e che mestiere svolgono? Sono tecnici qualificati per la manutenzione e il controllo degli impianti fumari. Spesso ci dimentichiamo che i nostri impianti di riscaldamento, dai camini alle caldaie, condominiali o autonome, hanno una canna fumaria, elemento importante per riscaldarsi in sicurezza.
Ci sono poi paesi all'avanguardia, tra cui la Germania, che è stato il primo paese in Europa ad emanare una legge che regolamentasse gli impianti fumari.
Vent'anni fa questa professione era, con la sua caduta in disuso, ormai sconosciuta e, ancora al giorno d'oggi, con la sua rinascita e riqualifica, è ancora relativamente poco conosciuta, una professione però oggi altamente specializzata, che deve lavorare con normative tecniche sviluppate anche dalla categoria professionale stessa, a tutela non solo della qualità del lavoro svolto, ma anche della qualità delle canne fumarie.
I rappresentanti di categoria affermano che, ancora oggi, dopo quello del circense, il mestiere del moderno spazzacamino è tra i più pericolosi. Gli spazzacamini hanno polizze assicurative piuttosto onerose. Gli incidenti sono causati dal fatto che, la maggior parte dei tetti in Italia non ha ancora un'adeguata messa in sicurezza, anche se questo aspetto sarebbe obbligatorio per legge. Pertanto, le norme e le leggi ci sono, ma non vengono rispettate. Si calcola che in media ogni anno ci sono 10.000 interventi dei vigili del fuoco sui tetti e le canne fumarie a causa della fuliggine che prende fuoco per via della mancanza di un'adeguata pulizia delle canne fumarie stesse e questo dà origine ad un costo sociale, se ci si pensa, piuttosto elevato.
Nella crisi dell'odierno mercato del lavoro mancano a livello nazionale le figure professionali di panificatori. Sembra che i giovani non vogliano fare questo mestiere, anche se il presidente della Assopanificatori ricorda che queste figure professionali arrivano a guadagnare anche 2-3 mila euro mese, tra paga base, straordinari, lavoro notturno, festività e premi di produzione.
Le difficoltà a reperire manodopera per i panifici sono comuni alla maggior parte del territorio nazionale.
Secondo stime delle Associazioni di categoria mancano, nei forni italiani, dai 3.000 ai 4.000 addetti; questo nonostante la crisi del settore che ha visto il diminuire dei consumi pro-capite e l’avanzare dei prodotti industriali. In un momento di forte crisi occupazionale, dunque, le aziende paradossalmente hanno difficoltà a reperire figure professionali. Mancano soprattutto i giovani italiani che, in ragione del particolare regime di lavorazione, che si svolge di notte, preferiscono altre occupazioni, anche meno redditizie. Certo i tempi di impiego vanno a scapito della vita sociale notturna, privilegiata dai giovani; anche se occorre dire che oggi le nuove tecnologie consentano ritmi di lavoro più contenuti per cui gli orari si sono di molto modificati e concentrati, consentendo cicli di produzione che possono essere anche avviati in modo più articolato.
La paga base per un fornaio è di circa 1.500 euro lordi al mese per 14 mensilità, cui vanno aggiunti una serie di elementi flessibili, in ragione dei territori, dei periodi dell’anno e delle aziende come: straordinari, lavoro notturno, festività, premi di produzione, elementi che possono portare il reddito anche a superare i 2.000 euro mese con punte, in alcuni casi eccezionali e per le figure più professionalizzate, che si avvicinano ai 3.000, sempre lordi.
Lo scalpore suscitato, soprattutto in riferimento al reddito, è testimonianza di un pregiudizio culturale anacronistico, tutto italiano, che colpisce tutti i lavori manuali nel nostro paese: spesso, come nel caso dei fornai, di antiche tradizioni e saperi e con grandi potenzialità imprenditoriali.
Un mestiere che non si improvvisa e richiede grande professionalità e conoscenze complesse che si apprendono negli appositi corsi di formazione organizzati dalle Associazioni di categoria.
Rielaborare una nuova e moderna cultura del lavoro, vuol dire tornare a valorizzare l’impresa come luogo formativo per eccellenza, eliminare la dicotomia fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Spezzare la nefasta equazione per cui il lavoro manuale è destinato a chi non studia e, nel contempo, chi studia non può fare un lavoro manuale.
Finché si considereranno marginali i “cosiddetti” lavori manuali o artigianali, non potremo mai avere un mercato del lavoro veramente libero e ricco di opportunità per tutti.
Il problema è che i giovani non conoscono i mestieri tradizionali. Mancano ebanisti, falegnami, maestri orologiai, tagliatori di pietre e incastonatori. C'è bisogno persino di giardinieri.
Bisognerebbe fare opera di orientamento già nelle scuole medie e affascinare i ragazzi.
Molte di queste figure stanno scomparendo. E la loro estinzione mette a rischio il nostro Made in Italy, che non è fatto solo da stilisti di moda.
Tanti giovani non si avvicinano a questi mestieri perché non li conoscono. E perché tante famiglie ostacolano certe scelte. Ma deve essere chiaro che sono necessari impegno, fatica e costanza, oltre a un po' di talento.
L'elenco dei mestieri tradizionali che stanno oggi fortemente cadendo in disuso, ma di cui in Italia ci sarebbe ancora bisogno, è lungo.
Il fabbro.
Un mestiere tipico della civiltà contadina, sia per la produzione di attrezzi da campagna che per ferrare i quadrupedi.
Per quest’ultima attività ci voleva bravura, serietà e oculatezza, altrimenti si metteva a repentaglio l’incolumità della bestia, l’interesse del proprietario e, soprattutto, il proprio buon nome.
L'apicoltore.
Diventare apicoltore non é una decisione ma é una passione che spinge verso il mistero della natura e della sua capacità di perpetrarsi ed evolversi.
Molti professionisti sono prima divenuti apicoltori amatoriali. Il loro passaggio alla professione, come scelta di vita, presenta tanti rischi e incertezze. Per essere "iniziati" all'apicoltura servono, oltre alla passione, le api, l'attrezzatura, un luogo idoneo.
Per localizzare una zona adatta al posizionamento del nostro apiario, dobbiamo tener conto della biologia degli insetti. Necessitano di fioriture nell'arco delle stagioni entro 3 km. di distanza (non qualsiasi fioritura, ma specie produttrici di polline e nettare abbondante), una sorgente d'acqua, un luogo soleggiato (in estate magari riparato da qualche pianta a foglia cedue), non troppo ventilato.
Il falegname.
I falegnami del passato lavoravano tutto a mano. A mano segavano le assi, a mano inchiodavano.
Quando si trattava di lavori pesanti, come portoni, armadi, eccetera, bisognava mandare giù grosse viti, che dovevano penetrare profondamente nel legno, con il cacciavite a mano.
E finché si trattava di legno d'abete poteva anche passare, ma quando si trattava di castagno, noce o altro legno bisognava mettercela tutta, specie se erano viti grosse e lunghe. Di sudore ne colava parecchio.
Il ceramista.
Un tempo il mestiere doveva rispondere prioritariamente alle esigenze della vita quotidiana.
Tali esigenze erano quelle di conservare, cuocere, trasportare ogni tipo di bevande, liquidi e alimenti. Ogni oggetto aveva dunque una sua destinazione d’uso ben definita.
Il ceramista per realizzare i suoi oggetti impastava la terra, la sgrassava con segatura e con combustibili minerali e modellava la pasta con le mani e il tornio, oppure usando degli stampi, o ancora per fusione.
Il tornio del ceramista è solitamente verticale ed è costituito da un’asse che collega un piatto circolare superiore con un disco inferiore in legno che viene fatto ruotare con i piedi, dandogli la velocità necessaria per far “montare” il pezzo.
Nel 2010 nel nostro Paese si contavano 2,2 milioni di disoccupati e almeno 7-8 milioni di precari. Non c'è, si può dire, famiglia con prole adulta, di qualunque ceto, dalle Alpi alla Sicilia, in cui non si ponga il problema lavoro, soprattutto per i giovani. E in un periodo come questo, dove la disoccupazione aumenta, ci sono molte professioni che ancora tirerebbero e che permetterebbero di trovare facilmente uno sbocco lavorativo e stipendi anche molto elevati.
La nostra società ha sempre meno bisogno di lavoro per produrre merci e servizi, e tuttavia, mentre pone nel reddito la base della cittadinanza e della stessa vita delle persone, condanna chi ne è privo all'angoscia quotidiana. E questi condannati sono ormai tanti, crescono di giorno in giorno. Occorre cominciare a separare la percezione del reddito dalle attività produttive. Non possiamo più attendere lo sviluppo che creerà finalmente la piena occupazione. Questa è una nostalgia utopica dei vecchi sviluppisti. Oggi saremmo in una diversa condizione se l'opposizione organizzata del movimento operaio avesse potuto utilizzare l'enorme incremento della produttività del lavoro dell'ultimo mezzo secolo per un dimezzamento della giornata lavorativa. Meno lavoro per ognuno, più occupazione per tutti. Ma così non è stato e i rapporti di forza attuali, la cultura dominante, non rendono praticabile il progetto.