Solvitur ambulanda
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sabato 9 giugno 2012

Miopia

Vi ricordate quando più di 30 anni fa l'ultimo grande statista che abbiamo avuto in Italia, Enrico Berlinguer, aveva sollevato la questione morale contro l'allora sistema di potere imperante? Egli disse che i partiti erano macchine di potere e di clientela che gestivano interessi, i più disparati, contradditori e a volte loschi. Nel lanciare la questione morale, ovviamente Berlinguer ci teneva ad affermare la diversità del suo Partito rispetto agli altri partiti. Il suo sogno e la sua speranza erano quelli di cambiare in meglio l'Italia.
I partiti di allora non esistono più, eppure il problema della questione morale in Italia resta, metastatizzato ormai anche nel settore privato.
Non è più solo un problema di politici che prendono illecitamente soldi per finanziare illecitamente i loro partiti, oppure politici che favoriscono amici per ricevere in cambio denaro e altre cose. Stiamo parlando di un cancro che ha raggiunto ogni aspetto della società civile e che investe pure banchieri e calciatori, arrivati a percepire tangenti per truccare le partite.
Ne consegue che la questione morale, da problema meramente politico, si è trasformata in un problema economico, arrivando forse persino ad essere causa del mancato sviluppo del nostro Paese nell'ultimo ventennio. E allora forse la si dovrebbe smettere di voler ogni volta attaccare ed intaccare l'articolo 18 e si dovrebbe iniziare a domandarsi che forse le nostre aziende, se non crescono, non è colpa dell'articolo 18, ma dell'amoralità diffusa nel nostro Paese. E vi spiego perché. E' stato statisticamente rilevato che nei Paesi ove c'è più fiducia nell'onestà e rettitudine dei propri concittadini le imprese sono di dimensioni più grandi. Questo perché si crea una situazione favorevole al titolare, il quale può delegare i propri poteri perché si fida dei propri dipendenti (più delega, più alto potrebbe essere il rischio che un dipendente infedele approfitti della situazione, rubando o arricchendosi alle sue spalle).
Ne consegue che la mancanza di fiducia rende impossibile delegare e questo porta le imprese a rimanere concentrate, con il controllo esso stesso concentrato nelle mani di una sola persona o un gruppo ristrettissimo di persone, le porta a rimanere medio-piccole, a non crescere, espandersi.
La mancanza di fiducia impedisce anche la meritocrazia e i sistemi di selezione secondo principi meritocratici. Se si teme che un dirigente possa essere non degno di fiducia, allora si preferisce puntare sul familiare (nipote o comunque parente) o sull'amico, anche quando costui dimostra di non essere totalmente competente. Ecco perché la qualità dei nostri manager in Italia non è delle migliori, perché si preferisce premiare la fedeltà alla "famiglia" piuttosto che le competenze.
Perché in Italia non ci fidiamo? Perché sappiamo che nel nostro Paese prevalgono i furbi a scapito degli onesti. In Italia abbiamo un conflitto di interessi assai diffuso e tuttavia non viene percepito come un problema al quale dare immediata risoluzione.
Per tornare alla politica, fintantoché la questione morale continuerà ad essere sfruttata come mero pretesto per affermare la presunta superiorità della propria parte politica rispetto agli avversari, ogni tentativo di riforma sarà sempre destinato a fallire. Ribadisco, senza fare demagogia o populismo alla Beppe Grillo - lungi da me - marce sono le persone al potere perché marcio è il sistema di valori. Per adesso siamo solo allo stadio di consapevolezza diffusa tra la popolazione che questa amoralità diffusa non può più essere tollerata. Però torno a dire che la politica non adrebbe rottamata, bensì risanata e riformata (richiamandomi a quell'articolo della Costituzione italiana che sancisce che i partiti sono necessari allo scambio democratico nel Paese). E se questa consapevolezza sull'amoralità della politica in Italia la trasferissimo anche sulla crisi economica nera che stiamo vivendo adesso? Forse nascerebbe una coscienza concreta su questo argomento che non c'è più tempo di aspettare e che bisogna cambiare.
Per concludere dico che sono e rimango un idealista, una persona con un concetto "alto" della politica, che non deve essere mestiere o strumento utilizzato per il proprio tornaconto personale, bensì deve essere una missione, una dedizione nei confronti del prossimo. Ribadisco che per me i partiti non sono tutti uguali e penso a tutti quegli esponenti politici del passato che si sono distinti per integrità morale, per essere persone che, dedicandosi alla politica, apprendevano seriamente tecniche di gestione della cosa pubblica e anche un'etica della dedizione. Queste persone hanno fatto tutte una generosa gavetta nelle associazioni giovanili prima di entrare nel partito e per la scelta fatta non hanno messo su nessua impresa privata, nessuno studio professionale, nessuna fabbrica o impresa edile e pertanto, una volta entrati in Parlamento o al Governo, non dovevano né salvaguardare, né incrementare le proprie ricchezze o rendere favori a chicchessia.
Prendete nota.

***

Inorridiamo nei confronti della Russia di Putin che continua a difendere a spada tratta il regime di Assad proprio perché la Siria è il principale acquirente delle armi di fabbricazione russa.
Ma se solo sapeste che la dittatura del Turkmenistan, l'autoritario Gabon o l'Algeria sono solo alcuni degli acquirenti delle esportazioni di armi di fabbricazione italiana inorridireste anche in questo caso. Stiamo parlando di zone di conflitto o zone dove si verificano reiterate violazioni dei diritti umani. Il settore degli armamenti è uno dei pochi a non conoscere crisi. Complimenti.

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